Non dire madre è un raccolta di storie, che sembrano fondersi in un’unica voce, come se a viverle fosse sempre la stessa persona. Ci si accorge solo leggendo che in realtà non si tratta di un romanzo ma di tanti racconti diversi che hanno tutti in comune qualcosa. Tra queste righe si materializzano figure femminili diverse, per età e generazione, ma ognuna delle quali si trova ad affrontare e vivere a modo suo la maternità. Ogni storia parla di una madre, e di cosa significa essere madre attraverso i suoi occhi e la sua vita.
Il libro si apre a Stigliano, un piccolo paese della provincia di Matera, dove una ragazza di appena 19 anni sta per avere il suo primo figlio. L’ospedale è freddo e vuoto, non riesce a smettere di tremare e sta male. E’ un posto che non le appartiene dove si è trovata catapultata quasi all’improvviso, senza sapere a cosa sta andando realmente incontro. L’unica cosa che riesce a pensare è che ora non ci saranno più sogni e libertà ma solo una persona che adesso ha bisogno incondizionatamente di lei e a cui dovrà dare tutta se stessa. Ora, non può più dire madre, non può più dipendere dalla madre perché adesso tocca a lei esserlo. Questo è quello che pensa mentre sta per nascere Alessio. Lei che dovrebbe essere ancora una figlia e invece si ritrova già ad essere madre. Dora Albanese vuole raccontare, attraverso questa prima storia, cosa significa essere madre così giovani ai nostri tempi, e tocca un altro tema che le è particolarmente caro: quello dell’esilio. La giovane ragazza che incontriamo in ospedale, come Dora e come tanti altri ragazzi del sud italia che sono costretti a spostarsi per studiare o lavorare, è nata a Matera ma da anni vive a Roma. Nonostante questo decide di partorire proprio a Stigliano, il paese d’origine delle sue nonne, perché anche suo figlio abbia le sue stesse origini. E’ un modo per sottolineare il forte legame che sente con la sua terra e le nonne che rappresentano quel mondo antico, che rivive attraverso i loro racconti e che sembra darle forza e coraggio per affrontare la vita di tutti i giorni. Si passa così, attraverso gli occhi della nonna, ad immaginare come fosse essere madre ai suoi tempi quando c’era la guerra e i figli morivano giovani e quando i parti si facevano in casa ed erano sempre loro, le donne, al centro di tutto, loro che davano e toglievano la vita se necessario. Tra queste due figure si colloca la madre di mezz’età, troppo giovane per essere nonna, con i figli già grandi che hanno preso le loro strade e le lasciano il tempo per fare i conti con la vita e le decisioni importanti prese in passato.
Capitolo dopo capitolo incontriamo madri o potenziali tali, che ci raccontano semplicemente le loro vite attraverso i loro occhi e le loro parole. La giovane scrittrice Lucana, racconta semplicemente e in un modo superbo, scorci di normalissime esistenze quotidiane viste attraverso gli occhi delle protagoniste. Ogni volta si cerca di capire e dare un senso a queste storie, ma in fin dei conti, sono solo storie di vita quotidiana, di tutti i giorni, che un senso non l’hanno ma vanno solo raccontate.
Così come non si può spiegare né capire l’essere madre, un mistero troppo grande e meraviglioso che si può solo raccontare.
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